10.8.07

la radiofonia italiana durante gli anni del fascismo - Roma e il Mondo

Roma e il mondo



Se nella gestione del potere , il regime fascista non ebbe nella politica culturale interna i risultati attesi, tuttavia conseguì nei primi dieci anni della sua esistenza un notevole successo nel presentare favorevolmente la propria immagine agli altri Paesi attraverso una massiccia propaganda. In questo obiettivo la radio fu solo uno degli strumenti adottati dal regime per lo scopo, per raggiungere il quale venne adoperato ogni mezzo a disposizione, dalla stampa al cinema, alle pubblicazioni e persino alle agenzie turistiche. La propaganda fascista all’estero fu l’aspetto sul quale il regime investì la sua maggiore capacità di penetrazione e alla quale dovette in massima parte la credibilità che seppe conquistarsi (i).
La ragione del successo si può evidenziare nell’intuito di Gaetano Salvemini: " In Italia poteva far ingoiare ai sudditi tutto ciò che voleva, dato che aveva sterminato ogni opposizione. Fuori d’Italia non poteva rompere le teste. Doveva
conquistarle. E ne conquistò un gran numero, se non tutte" (ii).

"Non è un caso che le trasmissioni dell'Eiar dirette a paesi stranieri si sviluppino in coincidenza con l'affermarsi dell'informazione di attualità e del giornale radio. All'origine della radiopropaganda per l'estero c'è, in più un'esigenza di natura esclusivamente politica" (iii).
Il metodo di propaganda era lo stesso che veniva utilizzato all’interno, fare cioé in modo che venisse presentata solo una faccia della realtà del Paese, così la politica messa in atto in Italia dal regime fu praticata anche a conquistarsi il favore dell’opinione pubblica straniera. In questo senso la propaganda divenne un elemento della politica estera fascista, almeno fino a quando i disastri militari del ‘41-’43 non rivelarono al mondo il bluff nel quale essa si fondava.

E’ difficile indicare precisamente il momento della nascita dell’attività dell'Eiar rivolta al pubblico internazionale, poiché non vi fu un piano ben definito ne la consapevolezza della funzione della radio per l’estero (iv).
Le iniziative prese nel corso degli anni '30 furono solo una risposta a sollecitazioni esterne, oppure un tentativo di controbattere l’azione della propaganda antifascista. Si può assumere come data simbolica per l’inizio della radio per l’estero il 1° gennaio del 1931, quando Mussolini pronunciò al microfono di Radio Roma un breve discorso in inglese destinato al pubblico nordamericano e ritrasmesso negli Stati Uniti e nel Canada (v), la trasmissione inaugurò con le parole del duce i contatti internazionali della radio italiana.

Restò però un episodio isolato, cui non seguì nessun programma politico preciso, cui bisogna aggiungere che gli impianti dell’Eiar e la stessa struttura dell’ente non consentivano ancora di diffondere programmi molto al di la dei confini, solo le emissioni di Prato Smeraldo (vi) potevano dopo il 1930 coprire distanze intercontinentali.
Dopo la trasmissione del 1° gennaio 1931 la stazione di Prato Smeraldo aveva contribuito alla diffusione dei messaggi di Marconi, Marinetti, Farinelli, e Marpicati agli intellettuali di tutto il mondo, in occasione del decennale del regime nell’ottobre del ‘32 (vii).

Certamente fin dalla nascita la radio italiana era ascoltata all'estero, ma l'interesse riguardava le trasmissioni musicali.
I primi timidi timidi accenni alla rilevanza politica nelle trasmissioni per l'estero si hanno nel 1928 quando venne decisa dal Comitato Superiore di Vigilanza sulle Radiodiffusioni la costruzione di una stazione a onda corta a Roma, il cui scopo era proprio quello di far giungere i programmi nazionali in America e nelle colonie italiane in Africa (viii).

La prima originale azione dell'Eiar in campo internazionale fu la nascita di Radio Bari (ix). Le prime emissioni irradiate da Radio Bari, a partire dal 15 agosto 1933, furono in lingua albanese.
Si trattava di un modesto programma di informazioni economiche organizzato dalla Camera del Commercio italo-orientale di Bari (x). Queste trasmissioni erano curate da un giornalista albanese: Sopoti Mazar.
Di carattere più spiccatamente politiche furono le trasmissioni dirette verso la penisola balcanica e i paesi arabi.

Nel 1934 Radio Bari iniziò le trasmissioni per i paesi arabi e ben presto i suoi appuntamenti trisettimanali con notiziari, musiche varie e conferenze, divennero molto noti (xi).

Bari fu la prima emittente araba in tutto il bacino mediterraneo. Essa nacque per dare una risposta alle richieste della Libia e di altri paesi arabi di trasmissioni in lingua, e difatti l'intervento dell'Eiar nel mondo arabo resta l'aspetto più originale della propaganda radio all'estero in quel periodo.
Altre forme di presenza internazionale della radio italiana fra il '34 e il '35 è costituita dai notiziari in alcune lingue europee e dalla utilizzazione di impianti direzionali ad onde corte per trasmissioni dirette in America. Agli inizi del 1935 si intensificarono le trasmissioni per gli Stati Uniti. Con le trasmissioni dirette verso le due Americhe si cercava di consolidare le relazioni con le comunità italiane e con i governi del nuovo continente; inoltre si cercava di dare "un
immagine dell'Italia completamente trasformata da quella che gli emigrati avevano nella memoria" (xii).

Nella imminenza del conflitto etiopico le trasmissioni per l'estero furono estese anche all'Africa orientale e durante il conflitto i vari programmi furono intensificati fino a divenire quotidiani: non erano altro che una riproduzione dei
programmi irradiati per il territorio nazionale.

Il conflitto etiopico fu preceduto da una massiccia propaganda che accompagnò la controversia fra Società delle Nazioni e lo Stato italiano. Durante l'escalation della politica estera in senso colonialista di Mussolini, numerose erano le perplessità nello spirito pubblico italiano sulla necessità dell'avventura etiopica. Se da una parte vi era una relativa stabilità del regime, dall'altra cominciano a manifestarsi i primi sintomi di malessere e di malcontenti, soprattutto tra le masse popolari. Di contro ciò si cercava di trasformare l'acquiescenza degli anni della crisi economica in uno stato di tensione pubblica permanente, di adesione emotiva, di clima di guerra. Si trattava di imprimere una svolta alla qualità del consenso.In questa fase la radio venne rivalutata. Perché soltanto essa poteva consentire un immediata diffusione del messaggio politico e la ricezione simultanea di esso sull'intero territorio nazionale.

"Il discorso che il duce pronunziò il 2 ottobre 1935 sulla guerra contro l'Etiopia, nella cornice di una radiocronaca propiziatrice di attese e di effetti, presentava caratteristiche completamente diverse e nuove rispetto alle precedenti manifestazioni. Fino ad allora alla radio era toccato il compito della pura riproduzione simultanea degli spettacoli oratorii del duce. Questa volta il ruolo della radio era mutato. Essa era divenuta la componente essenziale e indispensabile della manifestazione. Per la prima volta il capo fascista si rivolgeva direttamente all'intero Paese, alla grande platea nazionale per esaltare l'immagine collettiva di un popolo in ascolto: "Venti milioni di uomini sono in questo momento raccolti nelle
piazze di tutta Italia. E' la più gigantesca dimostrazione che la storia del genere umano ricordi. Venti milioni: ma un cuore solo, una volontà sola, una decisione sola. Questa manifestazione vuole significare che l'identità tra Italia e Fascismo é perfetta, assoluta, inalterabile". Era il riconoscimento del ruolo centrale della radio nel determinare il modo stesso con cui il regime fascista si riconosceva e si mobilitava. La radio assicurava l'identità tra l'Italia e il fascismo. L'ampiezza del rapporto simultaneo, ma, più ancora, la tempestività con cui l'apparato radiofonico aveva funzionato, la collaborazione tra le centrali politiche e l'Eiar e soprattutto il raccordo tra le organizzazioni periferiche del regime e i terminali occasionali della radiodiffusione avevano superato il più severo collaudo" (xiii).

Si delinea così l'"impero" radiofonico fascista: la penisola balcanica, il Medio e Estremo Oriente, l'Africa settentrionale e Orientale da una parte; le due Americhe dall'altra.Uno dei primi provvedimenti di Galeazzo Ciano, in veste di sottosegretario alla Stampa e Propaganda, fu il coordinamento e l'incentivazione alla diffusione dei bollettini radiofonici a onde corte in italiano, inglese e tedesco.Per la parte internazionale l'Eiar si distingue, sempre per volere delle gerarchie del regime, nell'adoperare giornalisti di madrelingua e qualche esponente culturale dei singoli paesi. Ma In un primo momento la qualità dei bollettini per l'estero lasciavano a desiderare.
Così si esprimeva Gigi Michelotti, direttore del "Radiocorriere", con un giornalista torinese della "Gazzetta del popolo" :" I radiouditori in Germania quando ascoltano la radio della stazione Eiar di Milano non possono fare a meno di ridere. La trasmissione viene fatta in un tedesco così malamente tradotto che fa ridere [...] Più che un inconveniente è uno sconcio" (xiv).

Per quanto concerne il tipo di informazioni trasmesse nelle diverse lingue, da una parte c'è la sottolineatura del primato italiano fascista, dall'altra l'individuazione e l'incoraggiamento delle forze filofasciste.

Già nel '34 la subordinazione delle informazioni agli interessi del regime veniva notata all'estero con una radicale critica al sistema fascista di propaganda in Spagna (xv) e con uno scarso ascolto delle trasmissioni troppo retoriche negli StatiUniti (xvi).

Con il nuovo corso storico che Mussolini aveva assegnato all'Italia fascista, le trasmissioni per l'estero avevano la della voce di Roma.

In generale, tutte le trasmissioni dirette ai paesi del bacino mediterraneo, e al mondo arabo, dopo il 1936 rappresentarono un elemento considerevole di tutta la propaganda radiofonica fascista, chiamata ormai a interessarsi sempre maggiormente dell'aspetto politico internazionale.
Difatti la guerra di Spagna mobilitò l'apparato propagandistico della radio, tanto che il Ministro degli Esteri chiese un piano di trasmissioni in lingua spagnola e catalana, da mandare in onda dalle stazioni di Milano, Roma, Firenze e Genova.
Propio dalla Spagna, dove l'ambasciata italiana cercava di incoraggiare gli elementi filofascisti, provenivano trasmissioni antifasciste che misero in allarme le gerarchie del regime. Ma non sono solo le voci avversarie a farsi sentire via radio, perché altre stazioni antifasciste sono captabili in varie parti d'Italia.
Da questa prima individuazione della pericolosità antifascista proprio in un settore dominato dal controllo del regime deriva probabilmente la decisione di passare alla controffensiva radiofonica, per una organizzazione di disturbo delle trasmissioni ostili, con le trasmissioni di Radio Verdad che per quasi due anni costituirono una delle maggiori attività della radio all'estero. Le trasmissioni avrebbero dovuto figurare come provenienti da una stazione clandestina spagnola denominata "Radio Verdad" (Verità)xvii. La preparazione dei notiziari venne affidata ad personaggio spagnolo raccomandato dall'ambasciata di Spagna.

Questa iniziativa determinò un ulteriore progetto di emissione di altre due stazioni a Torino, al fine di controbattere le due stazioni ritenute più pericolose nella Spagna rossa, Barcellona e Madrid; il progetto non fu realizzato perché Radio Verdad ebbe un notevole successo e inoltre perché l'Eiar non poteva impegnare tante ore di trasmissione solo per il pubblico spagnolo, anche se era forte la preoccupazione italiana per l'azione delle emittenti rosse spagnole, che con i loro notiziari antifascisti anche in italiano minacciavano più di ogni altro avversario la gestione fascista del consenso attraverso la radio.

Radio Verdad viene così ad assumere una duplice funzione: da un lato agiva da disturbo per le emittenti della Spagna repubblicana, dall'altro svolgeva azione di propaganda nelle file rosse.

I metodi propagandistici di Radio Verdad erano i soliti dei mass media fascisti: scontro tra civiltà e barbarie, difesa dei valori tradizionali e religiosi contro l'ateismo bolscevico e anarchico.
Lo scontro tra emittenti italiane e spagnole
rappresentò uno dei primi casi di guerra radiofonica, che fece la sua prova generale in vista del secondo conflitto mondiale.

La partecipazione dell'Italia fascista alla guerra del generale Franco fece della radio per l'estero e soprattutto per la Spagna, non solo un settore speciale della propaganda all'estero, ma un elemento essenziale di supporto internazionale ed interno alla credibilità del regime.

Le trasmissioni di Radio Verdad ebbero un ruolo primario nell'informazione del pubblico spagnolo, in concorrenza quasi esclusivamente con le emittenti di parte antifascista. Già dopo alcune settimane di attività Radio Verdad aveva suscitato molto entusiasmo specialmente in Catalogna, tanto che i dirigenti franchisti cercarono di gestire direttamente le trasmissioni, chiedendo che esse venissero preparate a Salamanca, e che i servizi fossero messi in onda da una stazione locale ad onde corte e poi ritrasmessi dalle varie stazioni italiane.

I responsabili italiani rifiutarono, procedendo anzi a un maggior sfruttamento della situazione, che si rivelava sempre più utile in politica estera

Oltre i servizi di notiziari militari militari e politici tratti da fonti ufficiali, Radio Verdad utilizzò corrispondenze giornalistiche italiane, ma più dei notiziari radiofonici ai franchisti erano necessarie armi e gli aeroplani che il regime inviava loro, insieme alla Germania di Hitler, per giustificare la lotta contro il bolscevismo. La grandiosa campagna propagandistica che venne montata nei due stati totalitari contro il bolscevismo e la Terza internazionale ebbe notevoli effetti politico-morali in tutta Europa, e non manco di influenzare persino la Santa Sede (xviii).

Radio Verdad non fu l'unica emittente clandestina realizzata dal regime fascista.
Sempre nel quadro della reazione alla propaganda radiofonica antifascista, in particolar modo a quella comunista , e che si inseriva nel più ampio piano del patto anticomintern. La sera del 26 marzo 1938, al suono dell'Internazionale iniziavano le trasmissioni di Radio Mosca, emittente antistalinista. La gestione della propaganda antistalinista fu affidata al dottor Tommaso Napolitano, "profondo conoscitore" del mondo sovietico.
Il progetto si basava su un immaginario partito illegale, leninista ma antistalinista; chiaro l'intento di cercare di indebolire dall'interno il PC sovietico. Radio Mosca si presentò come la voce del partito dell'unione dei liberatori (Sojuz Osvobozdenija) (xix), il cui programma, con richiami leninisti, attribuiva al nuovo partito alcune idee del fascismo.
L'emittente ingannò l'opinione pubblica internazionale, la quale era convinta di trovarsi di fronte ad una vera opposizione antistaliniana. Ma quanto di tutto questo giungesse in Unione Sovietica é difficile dirlo; però una cosa è sicuro, stando a ciò che riportò la stampa internazionale: il governo sovietico operò azioni di disturbo durante le trasmissioni e la sua attività fu accuratamente seguita dalle alte gerarchie sovietiche, e le sue emissioni erano facilmente captabili in una vasta zona dell'Urss. In seguito al patto Molotov-Ribbentrop, Radio Mosca sospese le trasmissioni per riprenderle poi nel 1940 (xx).

A partire dal 1938 la propaganda é caratterizzata dal clima prebellico, sono anni, questi, che vedono il completo allineamento dell'Italia fascista alla Germania nazista (xxi). Le trasmissioni radio venivano diffuse in 23 lingue in tutti i continenti (xxii).

Nel gennaio 1939 iniziarono le trasmissioni di "Corsica Libera". si trattava di trasmissioni rivolte a suscitare sentimenti antifrancesi e facevano parte di un chiaro disegno annessionistico dell'Italia, che veniva abilmente tenuto nascosto per non toccare la molla dello spirito indipendentista del popolo corso(xxiii).

Il massimo sforzo propagandistico della radio italiana fu compiuto fra il 1939 e il 1943, e fu diretto verso i paesi arabi (xxiv): Radio Bari (xxv) divenne famosissima per le sue trasmissioni dirette in Siria, Palestina, Libano, Iraq,, Egitto, Algeria, Tunisia e Marocco.
Con tali trasmissioni si cercava di sfruttare i sentimenti anticolonialisti e antimperialisti delle popolazioni indigene sottoposte al dominio francese e britannico, facendo apparire in piena luce l'azione liberatrice delle forze dell'Asse (xxvi).

Non era facile tenera testa alla concorrenza delle trasmissioni estere in lingua araba.
"Difetti di pronuncia, inconvenienti tecnici, un uso spesso letterario della lingua araba non sempre compresa facilmente dalle popolazioni del Nord Africa, rendevano effettivamente assai problematica l'efficacia della propaganda che, dal 1940, trovò nelle trasmissioni inglesi, emesse da Radio Londra e Radio Daventry un temibile concorrente......" (xxvii).

Una delle caratteristiche dell'onda sonora radiofonica è la sua dimensione internazionale, e le varie società radiofoniche avevano impostato la loro propaganda proprio sul "mondo in casa" che l'apparecchio offriva ai radioascoltatori.

Anche l'ente radiofonico italiano aveva dato grande rilievo ai programmi stranieri e da parte fascista non si evidenziava nessun tipo di preoccupazione nei confronti della radiofonia internazionale, tanto che nel 1934 e nel 1935, il "Radiocorriere" riportava gli estremi delle conversazioni in lingue estere trasmesse dalle stazioni sovietiche.

A cavallo tra il '35 - '36, in coincidenza del conflitto etiopico e della guerra civile spagnola, l'ascolto radiofonico cresce a ritmi notevoli: ciò fu dovuto, sia alla ricerca continua di notizie di prima mano sui famigliari sotto le armi, sia alla esigenza di un'informazione completa sull'effettivo andamento dell'operazioni belliche (xxviii).

L'effetto più evidente provocato da questo aumento dell'ascolto radiofonico fu "un cambiamento evidente nelle abitudini serali degli italiani": "[...] Come sono lontani i tempi quando a passar lietamente la serata familiare bastavano quattro chiacchere, una tazza di tè, una torta, [...] e un pò di musica. [...] Ma ancora nelle case una buona radio riconduce ora piacevolmente il modo di trascorrere una lieta serata. Avviene che mentre girate il bottone magico, in traccia del giornale radio, cogliete a volo qualche brano di una trasmissione di altro genere: opera, commedia, concerto, conversazione, radiocronaca. Captata l'onda che si cercava, udito quel che si voleva ascoltare, quel brano udito a caso opera sulla curiosità e sul desiderio. Si torna a quel punto della scala indicatrice della lunghezza d'onda sul quale ci si era momentaneamente fermati... e magari vi ci si ferma per tutta la serata, rimandando l'uscita che si aveva in programma [...] Roma, Parigi, Londra, Berlino si susseguono, se vi piace, a parlarvi dalla bocca rotonda dell'altoparlante" (xxix).

Ma il giornalista del "Radiocorriere" non si rendeva conto del pericolo che correva il monolitismo del regime da queste forme di ascolto collettivo.

L'aumento del ascolto provocò anche la adozione, da parte del ministero per la Stampa e la Propaganda, di misure di prevenzione e di interdizione all'ascolto delle radio straniere, che furono prese a partire dall'ottobre 1935: si vietava l'ascolto delle stazioni straniere nei locali pubblici (xxx). Divieto che riguardava gli ascoltatori che comprendevano le lingue straniere.

E' proprio in questi anni che germogliano le premesse di quello che, durante il secondo conflitto mondiale, sarà conosciuto come l'"ascolto clandestino di massa".




annoImputatipene comminate (in mesi)
193517
1936836
193777954
19382128
1939226
La repressione dell'ascolto (xxxi)

La mancanza di un vero e proprio apparecchio popolare fa crescere l'ascolto collettivo di gruppo e il moltiplicarsi dei centri di clandestini di ascolto, aumentano anche i sotterfugi per potersi accaparrare l'apparecchio necessario,sottraendosi non solo alla tassa di abbonamento, ma anche alla sorveglianza della polizia e dei fascisti:
"Siccome i mezzi finanziari non permettono a tutti di avere una radio ___ riportava un anonimo militante antifascista in un documento di partito ___ e neppure coloro che la posseggono possono invitare in massa gli amici a causa dell'assiduo controllo poliziesco,allora si escogitano ogni sorta di trovate per rimediare a tali disgrazie. La più comune è quella di andare da un rivenditore di radio, fargli credere ci comperarla e farsela dare in prestito per una decina di giorni o quindici, dopo naturalmente gli viene riportata. Infine molti radiotecnici improvvisati si hanno, non è raro vedere da questi, con pezzi che a un radiotecnico non sarebbero serviti a niente, montare una radio che servono benissimo allo scopo [...] Il fatto è che l'interessamento ___ in seguito ai fatti di Spagna ___ degli operai e dei contadini, sempre più grande che dimostrano per la radio, ha preoccupato le autorità e fattogli prendere misure severe. In questa è proibito nei locali pubblici, la radiodiffusione, e nelle case ove personalmente si possegga la radio è proibito invitare amici ad ascoltare" (xxxii).

La radio dava la possibilità di un ascolto non solo non velinato, ma variato e personalizzato, sintonizzandosi sulle stazioni estere e sulle prime centrali radio della propaganda antifascista.

Fino al 1936 il movimento antifascista sottovalutò la grande forza della radio nella propaganda interna del Paese.
Nei primi mesi del 1936 è Carlo Rosselli, leader di "Giustizia e libertà" in direzione a utilizzare il mezzo radiofonico come veicolo di propaganda antifascista. Si era incontrato più volte con Luigi Longo proponendogli un'azione concertata di propaganda fra "giellisti" e comunisti che avrebbe dovuto basarsi sulla fornitura di materiale stampato e di apparecchi radio a un gran numero di fuoriusciti per inviarle in Italia a incoraggiarvi l'opposizione. Ma Longo non credeva ancora giunto il momento per una preparazione, anche se solo propagandistica, del movimento insurrezionale in Italia e respinse il piano (xxxiii).
Tuttavia l'idea di Carlo Rosselli non era priva di valore, di fatto furono proprio i comunisti che adottarono l'uso della radio a scopo di propaganda radiofonica.

Con l'inizio della guerra civile spagnola l'antifascismo fece sentire la sua voce alla radio. Le trasmissioni di Radio Milano, emittente comunista, furono captate in Italia a partire dall'ottobre 1936. L'indicazione Radio Milano era fuorviante, in quanto si voleva far credere alle autorità fasciste che l'emittente si trovasse in territorio italiano (xxxiv).
L'ora delle trasmissioni, tra le 22,15 e le 23,00, era la più favorevole all'ascolto. Radio Milano concludeva sempre così le sue trasmissioni: "Compagni, amici, concittadini , uditori, la nostra emissione quotidiana è terminata. Compagni, amici ricordate ai vostri compagni, ai vostri amici, ai vostri vicini che tutte le sere alle ore 22,45 circa ha luogo l'emissione radiofonica del Partito Comunista d'Italia, Radio Milano, che emette su lunghezza d'onda di 28 metri. Fate conoscere a tutti gli italiani l'ora e l'onda della nostra emissione [...] Organizzate in Italia l'audizione delle nostre trasmissioni. Poichè non possiamo darvi il nostro indirizzo fateci pervenire le vostre impressioni e i vostri consigli all'indirizzo della nostra rivista: "Stato Operaio", Rue d'Alsace, 25, Paris, oppure scriveteci direttamente inviando lettere alla direzione di un partito comunista di un paese democratico. [...]"xxxv. Anche la radio di Stato di Madrid e di Valencia e la Radio Generalitat di Barcellona ospitarono la voce di esponenti dell'antifascismo.“ Le trasmissioni provenienti dalla Spagna mostravano come l’antifascismo italiano aveva rapidamente assimilato me tecniche della propaganda radiofonica di massa. Se infatti non mancavano limiti e difetti nei programmi per l’Italia, le trasmissioni spagnole nel loro insieme si rivelarono capaci di un uso efficace di quella che Vittorio Vidali definiva l’artiglieria dell’altoparlante. E non ci si riferisce tanto ai discorsi dei personaggi di maggior rilievo, quanto ai notiziari e agli appelli che avevano messo a frutto la più consumata tecnica del giornalismo radiofonico europeo. Le notizie militari erano sapientemente dosate attraverso filtri omissivi o diversivi in occasione delle sconfitte, mentre erano sfruttati con grande abilità gli effetti delle vittorie dei repubblicani” (xxxvi).

La cosa che impressionava il pubblico era la capacità di informare rapidamente sulla vita interna italiana. Ogni notizia riguardante disordini, malcontento, tensioni era ricca di particolari. Si metteva l’accento sulla sudditanza del fascismo alla Germania di Hitler, soprattutto in occasione dell’Anschluss.

La radio da mezzo di conquista del consenso da parte fascista si trasformava in uno strumento di informazione propaganda del movimento antifascista. " La guerra civile spagnola ha una grande importanza nella storia italiana. Tutta la gioventù italiana era senza contatto, prima del luglio 1936, con il mondo della democrazia progressiva.
Dobbiamo dirlo: l’antifascismo italiano risultava morto agli italiani; era tutto all’estero, emigrato, o era in prigione, era al confino, chiuso in se stesso e molti di noi non l’avevano mai conosciuto" (xxxvii). Vi erano solo voci fasciste. Dalle emittenti spagnole tutto l’antifascismo tornava a far sentire la sua voce dopo anni di silenzio.
“ E, poi, a rilanciare l’antifascismo nel paese, ci sono anche le radio ___ Radio Milano e Radio Barcellona ___ da dove giunge direttamente alle orecchie degli italiani la viva voce degli oppositori.
L’ascolto clandestino delle emittenti straniere si va intensificando e la propaganda radiofonica appare subito efficace, anche perché le notizie del fronte vengono immediatamente giudicate più credibili di quelle diffuse dal regime che informa solo sui successi dei fascisti e tace o minimizza le sconfitte.Le trasmissioni antifasciste sono, invece, ricche di particolari, parlano dei caduti, dei feriti, dei prigionieri,ne fanno nome e cognome: nelle città e nei piccoli centri c’è sempre qualcuno in grado di identificare il conoscente, l’amico, il parente, andato volontario in Spagna nello schieramento degli uni o degli altri” (xxxviii).

Con la guerra civile spagnola per la prima volta la radiofonia veniva utilizzata dalle opposizioni. Guerra che mostrò i segni della prima fase discendente del consenso italiano al regime fascista.




--- NOTE ---




i F. Monteleone, La radio Italiana nel periodo fascista, ed. Marsilio, Venezia, 1976

ii G. Salvemini, Preludio, pag. 263.

iii F. Monteleone, Storia della radio e della televisione in Italia, ed. Marsilio, Venezia, 1992, pag. 99. "Nelle ore cocenti della storia il giornale radio diventa un'arma potente di difesa e di offesa e basti ricordare a questo proposito l'attività di Radio Strasburgo quando, prima dell'avvento di Hitler, i francesi s'illudevano ancora di poter inchiodare definitivamente la Germania a tutte le clausole di Versaglia, o il duello tra l'emittente di Monaco e quella di Vienna prima dei tragici fatti del luglio 1934, o di propaganda tedesca durante il plebiscito della Saar, o la reazione italiana agli attacchi dei giornalisti stranieri in tempi di sanzioni, o lo scontro delle antenne nazionali con le antenne rosse che ha esteso all'etere la guerra di Spagna, o l'affannosa rincorsa di Radio Daventry sulle piste arabe di Radio Bari, o infine l'acerba polemica recentemente riaccesesi in lingua tedesca tra le emittente alsaziana e i trasmettitori tedeschi con Stoccarda alla testa. E non si é forse concluso col più fulmineo, diretto ed ampio contributo della radio l'ultimo atto del dramma austriaco fino alla fusione di due stati in contrasto nell'unità concorde di un popolo solo."( E. Rocca, Panorama dell'arte radiofonica, Milano, 1938)

iv A. Monticone, Il fascismo al microfono, ed. Studium, Roma, I978.

v Il discorso di Mussolini venne richiesto nell’ottobre del 1930 dal sig. Scull, funzionario della Radio Victor Corporation of America, durante un suo colloquio col duce. Ottenuto l’assenso, vennero dall'Eiar effettuate prove di trasmissione da Prato Smeraldo, che risultarono ben percepibili negli Stati Uniti e quindi passibili di ritrasmissione. Così il 1° gennaio 1931 il breve discorso del duce poté essere trasmesso.

vi Prato Smeraldo, località ribattezzata con questo nome esteticamente gradevole proprio in funzione radiofonica, si trova sulla via Ardeatina a pochi chilometri da Roma. Da qui partivano le prime emissioni in onde corte con un trasmettitore dalla potenza di 12 Kw.

vii A. Papa, Storia politica della radio, 2°, ed. Guida, Napoli, 1980.

viii Un notiziario radiofonico giornaliero di propaganda per l’estero venne studiato nell’estate del 1929 ed affidato al giornalista Leo Negrelli; le trasmissioni dovevano avvenire dalla stazione di Roma S.Paolo gestita dal ministero delle comunicazioni e sotto il controllo dell’ufficio stampa del capo del governo. Erano pertanto a carattere ufficiale e non ancora inserite nel vivo dell’azione dell’Eiar.

ix A. Monticone, op. cit.

x A. Papa, op. cit. 2°vol.

Le fonti del notiziario albanese erano i telegrammi della Stefani, il materiale proveniente dalla legazione italiana a Tirana ed informazioni economiche fornite dalla Camera di commercio italo-orientale di Bari. E' chiaro il doppio legame, con la rappresentanza diplomatica e la penetrazione italiana in Albania operata dal ministero degli esteri con gli ambienti economici gravitanti intorno alla Fiera del Levante, interessati ad attività nella penisola balcanica.

xi Le trasmissioni di Radio Bari si componevano di notiziari, brani musicali e di conversazioni dirette ad esaltare i progressi dell'Italia fascista, a illustrare le realizzazioni del regime in Libia e a dare informazioni di carattere locale. Anche se non ebbe un ampio pubblico, data l'esiguità della audience dei paesi sottosviluppati, l'emittente pugliese era molto ascoltata negli ambienti politici ed economici arabi. Queste trasmissioni facevano parte di un disegno diffusivo strettamente collegato alla politica imperialistica fascista. Non a caso l'attività di Radio Bari si sviluppò intensamente durante l'intervento italiano in Etiopia (A. Papa, op.cit. 2° vol. pag. 23).

xii A. Papa, op. cit., 2° vol., pag. 24.

xiii A. Papa, op. cit., pag.14

xiv G. Isola, Abbassa la tua radio per favore...., ed. La nuova Italia, Firenze, 1990, pag. 219. Questa lagnanza del direttore del "Radiocorriere" diede origine ad uno scambio di lettere col direttore della sede romana dell'Eiar, ing.Renato Senigallia, che a titolo di scusa specificava: "il Notiziario di lingua tedesca [...] è compilato in italiano e tradotto in tedesco a cura dell'Ufficio Stampa del Ministero degli Affari Esteri".

xv Un duro giudizio sulle trasmissioni in spagnolo da Roma venne espresso da giornale socialista "El Socialista" di Madrid. Naturalmente da altro punto di vista gli stessi responsabili della propaganda italiana non erano soddisfatti e ritenevano che l'ascolto delle trasmissioni spagnole fosse fallimentare, forse a causa dell'orario ma anche della qualità delle notizie, del modo di porgerle e poi per il "me ne freghismo" degli spagnoli. Qualche miglioramento nell'ascolto si ebbe col mutare l'orario e con l'impegno dei nostri diplomatici e consoli in Spagna, ma le illusioni fasciste dei membri dell'ambasciata d'Italia a Madrid mostrano una mentalità ultra fascista poco adatta a sostenere una propaganda accorta e prudente (A. Monticone, op. cit., pag. 397).

xvi Il tipo di trasmissioni destinate agli Stati Uniti non teneva conto degli interessi del pubblico: per es. per una trasmissione speciale del 23 gennaio 1935 si chiese all'on. Razza una conversazione sulla emigrazione interna nelle province italiane, evidente prova di voler celebrare il regime senza saper fare propaganda. (A. Monticone, op. cit., pag. 397).

xvii La segreta identità di "Radio Verdad" fu conosciuta prima ancora che avessero inizio le trasmissioni, ma ciò non fermò la realizzazione del progetto (A. Papa, op. cit., pag. 75)

xviii F. Monteleone, La radio italiana nel periodo fascista, ed. Marsilio, Venezia, 1976.

xix Partito realmente esistito in Russia sul finire del XIX secolo.

xx A. Monticone, op. cit.

xxi 21 ottobre "Asse" Roma - Berlino; 22 maggio 1939 Firma del Patto 'Acciaio.

xxii Precisamente, in inglese, francese, spagnolo, portoghese, ungherese, bulgaro, greco, turco, serbo, croato, danese, svedese, tedesco, rumeno russo, arabo, indostano, bengalese, thailandese, cinese, giapponese, esperanto, e naturalmente italiano. Molti di questi servizi , tuttavia, erano rimasti sulla carta e non erano stati praticamente attuati (F, Monteleone, op. cit., pag. 154).

xxiii A. Papa, op. cit.

xxiv Dove, dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, fu "giocata" la grande partita fra le forze dell'Asse e quelle anglofrancesi.

xxv Solo a titolo informativo dobbiamo ricordare che Radio Bari dal settembre '43 agli inizi del '44 fu la prima e unica radio libera e democratica dell'Europa continentale. Vedi A. Rossano, 1943 : Qui "Radio Bari", ed. Dedalo, Bari, 1993.

xxvi F. Monteleone, op. cit. " Particolarmente ostile nei confronti dell'Inghilterra, la stazione pugliese aveva suscitato numerose reazioni negli ambienti diplomatici e parlamentari britannici. Non a caso alla emittente italiana fu opposta [....] la stazione di Daventry che faceva anch'essa trasmissioni in arabo.

xxvii F. Monteleone, op. cit., pag. 157.

xxviii G.Isola, op. cit.

xxix G.S. Piccenardi, La casa riabilitata, in "Radiocorriere", n.13, 1936, pag. 36.

xxx Il testo del telegramma del ministero é in appendice.

xxxi A. DAl Pont-S. Carolini, L'Italia al confino, ANPPIA nazionale, La Pietra, Milano, 1983.

xxxii Relazione anonima da Empoli in Archivio del Partito Comunista, f.1452 citata da G. Santomassimo, Antifascismo popolare, "Italia contemporanea", 1980, n.140, pag.53. Anche in G. Isola, op. cit. pag.227.

xxxiiiA. Garosci, Storia dei fuoriusciti, Bari, 1953.

xxxiv L'emittente trasmetteva da Aranjuez, località vicino Madrid. Il ministero per la Stampa e la Propaganda e il ministero dell'Interno iniziarono una caccia serrata all'emittente clandestina non trascurando nessuna pista, neppure la Svizzera.
xxxv ACS, Min. Int., Dir. Gen. P.S. [1920-1945], 1937, b.57, f.K1 B11.

“Attraverso la radio il PCI accrebbe la sua area di influenza: da quel momento il rapporto con l’Italia non si materializzò solo attraverso i tradizionali canali clandestini del debole apparato di partito, ma si consolidò con il flusso di lettere degli ascoltatori, solo in parte intercettato dalla polizia. E’ questa l’altra accia dell’esplosione di entusiasmo ricordata in precedenza e uno dei nodi della cosiddetta "semina comunista". (G. Isola, op. cit. pag. 234)

xxxvi A. Papa, op. cit., 2°, pag.68.

xxxvii E. Vittorini, il popolo spagnolo attende la liberazione, "Il Politecnico", 29 settembre 1945, pag.1

xxxviii S. Colarizi, L’opinione degli italiani sotto il regime. 1929-43, ed. Laterza, Roma-Bari, 1991, pag. 232.

9.8.07

Trasmissioni radiofoniche sovversive

Biglietto postale della Legione dei Carabinieri Reali di Alghero al ministero dell’Interno.

Prot.n. 180/I Alghero, 22 ottobre 1936



Oggetto: Trasmissioni radiofoniche sovversive


Alle ore 20.50 del 20 corrente, il sarto Moscatelli Giovanni, abitante in Alghero (Sassari), piazza Civica, da un comune apparecchio radio ricevente, situato nella propia abitazione, ha ascoltato una comunicazione del seguente tenore, trasmessa su lunghezza d’onda di metri 42,40, circa, corrispondente alla stazione di Alicante, ed effettuata in italiano, parlato con accento siciliano.
Il Moscatelli, che è fervente fascista, ne ha riferito spontaneamente.
" Attenzione, attenzione, trasmette una stazione clandestina di Palermo.
Antifascisti italiani, antifascisti di Bari, Trieste, Palermo e Ancona, l’ora è giunta.
Quanto prima vi sarà in Italia un movimento rivoluzionario. In Spagna sono due colonne italiane, una capeggiata da Mariotti sul fronte di Granada e l’altra capeggiata da Rosselli direttore del giornale Giustizia e Libertà, sul fronte di Nasca.
Aiutiamo il proletariato spagnolo, la vittoria di questo è la vittoria dell’antifascismo e la liberazione dell’Italia tutta dalla prepotenza del fascismo, che ci opprime da tredici anni.
Antifascisti, aiutate il proletariato spagnolo, se non potete con le vostre braccia, almeno con una giornata di lavoro, spedendo alla direzione del giornale Giustizia e Libertà, Rue Degrat 5.M.21.
I fascisti violando le leggi internazionali spediscono continuamente armi e materiali agli insorti".




[ ACP, Min. Int., Dir. Gen. P.S. (1940-1945),1936,b.18, fasc.54D.]

7.2.07

Rai International cambia nome

Dalla newsletter di Glen Hauser
** ITALY. Rai International changes name to Rai Italia

At a press conference last week, the managing director of Rai
International, Piero Badaloni, announced that Italy’s international TV
service, Rai International, is changing its name to Rai Italia, and is
adopting Rai’s butterfly logo. From March util 21 June there will be a
new schedule, with a lot of new programmes, some produced specially
for an overseas audience. After 21 June, the channel will stop using
GMT (UTC) as its time standard. From the beginning of March, there
will be a new newshour at 06, 12, 18 & 24 hrs UTC, specially produced
for Rai Italia in collaboration with the various domestic news
programmes.

6.2.07

Storia della radiofonia italiana - La radiofonia in lingua italiana


Le radio del confine orientale


Prima della fine della seconda guerra mondiale la Venezia Giulia comprendeva le province di Trieste, Gorizia (Isontino), Udine (Friuli), Pola (Istria) e Fiume (Carnaro) e la minuscola regione Dalmazia comprendeva soltanto la provincia di Zara.
Mentre il Friuli era passato al Regno d’Italia già il 3 ottobre 1866 con la Pace di Vienna, a seguito della terza guerra d’indipendenza, gli altri territori della Venezia Giulia e della Dalmazia furono assegnati all’Italia soltanto dopo la sconfitta dell’Impero d’Austria e del Regno d’Ungheria, a seguito dei Trattati di Saint—Germain con l’Austria del 10 settembre 1919 e del Trianon con l’Ungheria del 4 giugno 1920 ed anzi, limitatamente al Carnaro, soltanto dopo l’iniziativa di Gabriele d’Annunzio, che il 12 settembre 1919 aveva occupato con i suoi legionari Fiume (che precedentemente faceva parte dell’ungheria) e vi aveva istituito la Reggenza Italiana del Carnaro, e dopo le successive intese col neocostituito Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (diventato il 6 gennaio 1929 Regno di Jugoslavia), che portarono al Trattato di Rapallo del 12 novembre 1920 ed all’Accordo di Roma del 27 gennaio 1924.

Durante il secondo conflitto mondiale il crollo della Jugoslavia, attaccata dalla Germania nazista, indusse l’Italia fascista a commettere il colossale errore di occupare la Slovenia meridionale, una parte della Dalmazia (l’altra venne inclusa nel nuovo Stato fantoccio della Croazia) ed il Montenegro: il 3 maggio 1941 era istituita ed annessa all’Italia la nuova provincia di Lubiana
ed il 18 dello stesso mese veniva creato il governatorato della Dalmazia, comprendente, oltre a quella di Zara, le nuove province di Spalato e di Cattaro.
La firma a Cassibile (presso Siracusa), il 3 settembre 1943 (ma resa nota l’8 successivo), dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati portò alla disintegrazione delle forze armate italiane ed all occupazione tedesca non solo dei suddetti nuovi territori annessi, ma anche di quelli entro i vecchi confini; in particolare il 10 settembre 1943 le truppe germaniche occupavano Trieste e nei giorni seguenti gli altri principali centri della Venezia Giulia, ma, a differenza di quanto sarebbe avvenuto nelle altre regioni italiane (con l’eccezione della Venezia Tridentina), dove l’occupazione germanica avrebbe mantenuto soltanto un carattere militare e quindi temporaneo, il 1° ottobre successivo al comandante militare del capoluogo giuliano subentrava un funzionario civile, col titolo di supremo commissario nella zona di operazioni Litorale Adriatico, sotto il quale passava l’amministrazione delle province di Trieste, Gorizia, Udine, Pola, Fiume e Lubiana, nonché
dei territori di Sussak, Buccari, Conca Nera, Castua e Veglia.
Tale provvedimento, accanto all’analogo adottato in Alto Adige, dimostrava l’intenzione di Adolf Hitler di annettere al Reich, se la Germania avesse vinto la guerra, i territori italiani che avevano fatto parte della Monarchia Austro—ungarica degli Absburgo.
A Zara
i reparti tedeschi erano entrati l’li settebre 943. Durante il periodo dell’occupazione germanica Trieste ebbe il macabro privilegio di essere l’unica città italiana sede di un forno crematorio nazista, presso l’ex Risiera di San Sabba, che fu anche prigione di transito per gli ebrei, gli antifascisti, i partigiani e gli ostaggi di rappresaglie, destinati alla deportazione nei campi di sterminio tedeschi.

La capitolazione della Germania trovò l’Italia del tutto disarmata ed isolata di fronte alle aspirazioni della Jugoslavia di Tito (nome di battaglia di Josep Broz) di annettersi, oltre alla Dalmazia, la Venezia Giulia addirittura oltre il confine del 1866; inoltre la posizione italiana era resa ancora più difficile per il fatto che il suo Partito Comunista, guidato da Palmiro Togliatti, sosteneva apertamente tali aspirazioni.
Il 1° maggio 1945 Tito riuscì a far giungere a tappe forzate le sue truppe a Trieste un giorno prima che vi arrivassero quelle neozelandesi al comando del gen. Freyberg e, mentre queste ultime rimanevano spettatori indifferenti, il comando jugoslavo, che estendeva l’occupzione all’Istria ed al Carnaro, instaurava subito colà un regime di terrore, ispirato dall’odio contro gli italiani.
Zara veniva, invece, occupata dalle truppe jugoslave il 1° novembre 1944. Nella Venezia Giulia e nella Dalmazia occupate la politica di Tito fu subito quella di attuare una rapida snazionalizzazione forzata (oggi si parla di pulizia etnica) con ogni mezzo (sequestri di persone, deportazioni di interi gruppi, condanne illegali e senza difesa, torture ed uccisioni nelle prigioni, nei campi di concentramento e nelle foibe) e con l’incombente minaccia dell’OZNA, diventata poi l’UDBA, la terribile polizia segreta jugoslava.
La conseguenza di tale spietata politica fu, a parte i morti, l’esodo forzato di ben 350.000 istriani, fiumani e dalmati, rifugiatisi in altre regioni italiane ed all’estero per sfuggire alle persecuzioni organizzate contro di loro.

Più fortunati, invece, i triestini, per i quali questo inferno durò soltanto 43 giorni.
Infatti, in base all’Accordo di Belgrado, firmato il 9 giugno 1945 da Tito e dal gen. Morgan, capo di stato maggiore del maresciallo Alexander, comandante in capo delle forze alleate nello scacchiere del Mediterraneo, il territorio delimitato dalla cosiddetta linea Morgan (che, partendo a nord dal confine del 1920, scendeva fino a Punta Grossa, a sud di Trieste, lasciando ad occidente Plezzo, Caporetto, Gorizia, Monfalcone e Sesana) passava sotto l’occupazione provvisoria anglo—americana, mentre il rimanente territorio giuliano rimaneva sotto occupazione provvisoria jugoslava, ad eccezione della sola città di Pola, che pure passava sotto amministrazione provvisoria alleata, in attesa delle decisioni definitive che sarebbero state stabilite dalla futura Conferenza della pace.
Conseguentemente il 12 giugno 1945 una grande folla festante di triestini applaudiva il passaggio dei poteri fra le forze armate jugoslave e quelle angloamericane e l’istituzione, nel capoluogo giuliano, del GMA—Governo Militare Alleato. Ma, nonostante il cambiamento radicale del clima politico, anche l’occupazione angloamericana procurò inutili ed imperdonabili lutti e precisamente la morte di cinque inermi cittadini, uccisi dalla polizia civile, posta sotto comando britannico, il 5 ed il 6 novembre 1953, durante pacifiche manifestazioni spontanee della popolazione che invocava il ritorno dell’Italia a Trieste.

Dopo lunghe trattative, il 2 luglio 1946 le quattro Potenze (Regno Unito, Stati Uniti, Francia ed Unione Sovietica) si accordarono sul tracciato della nuova linea di confine tra l’Italia e la Jugoslavia e sull’istituzione di un piccolo Stato cuscinetto fra queste ultime, denominato TLT—Territorio Libero di Trieste, garantito dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che ne avrebbe nominato il Governatore, d’intesa fra i due Paesi.
La Conferenza della pace di Parigi accolse le suddette proposte, che vennero incluse nel Trattato di pace con l’Italia, firmato il 10 febbraio 1947 ed entrato in vigore il 15 settembre successivo. Il nuovo confine italo - jugoslavo lasciava alla Repubblica Federativa di Tito una piccola parte del Friuli, quasi tutto l’Isontino, tagliando a metà la stessa città di Gorizia, la maggior parte della provincia di Trieste, buona parte dell’Istria (la rimanente, però, ancora sotto amministrazione jugoslava, avrebbe dovuto costituire la zona meridionale del TLT) e tutto il Carnaro.
In base al Trattato di pace l’Italia cedeva, inoltre, alla Jugoslavia il comune di Zara e tutte le isole del Carnaro e della Dalmazia ed alla Grecia il Dodecanneso. Il TLT era rappresentato da una fascia costiera da Duino, a nord di Trieste, a Cittanova, in Istria, comprendente Trieste, Capodistria, Pirano, Umago e la stessa Cittanova; esso era diviso dall’ultimo tratto della linea Morgan in due parti e cioè quella settentrionale, detta Zona A, provvisoriamente amministrata dal Governo Militare Alleato, e quella meridionale, detta Zona B, provvisoriamente amministrata dal Governo Militare Jugoslavo.
Sempre a seguito del Trattato di pace il 12 settembre 1947 le truppe anglo—americane si ritirarono da Pola per lasciare il posto a quelle jugoslave ed il 15 di quel mese reparti italiani entrarono a Gorizia ed a Monfalcone dopo il ritiro di quelli alleati.

Essendosi dimostrato impossibile un accordo fra l’Italia e la Jugoslavia sulla scelta del Governatore del Territorio Libero di Trieste, le tre Potenze occidentali ritennero inattuabile la realizzazione del medesimo e perciò proposero di cederne la Zona A all’Italia e la Zona B alla Jugoslavia (che già l’amministrava); soltanto dopo difficili trattative si giunse alla firma del Memorandum d’intesa,il 5 ottobre 1954 a Londra,da parte dei rappresentanti dell’Italia, della Jugoslavia, del Regno Unito e degli Stati Uniti, che sanciva la suddetta proposta. Purtroppo, però, per non turbare l’opinione pubblica e per non togliere le residue speranze ai connazionale ancora residenti nella zona B nella Zona B ed agli esuli istrlani, il governo italiano continuò a dichiarare ufficialmente provvisoria la cessione della zona stessa alla Jugoslavia, mentre quest’ultima la considerava definitiva, e soltanto con il Trattato di Osimo del 10 novembre 1975 la sovranità jugoslava su tale zona fu riconosciuta formalmente.
Il 26 ottobre 1954 tutti i poteri militari e civili del GMA sulla Zona A passavavano al gen. De Renzi, Comandante il V Corpo d’Armata, giunto a Trieste con i primi soldati italiani, ed il giorno seguente tali poteri passavano al prefetto dr. Palamara, nominato dal Presidente della Repubblica Commissario generale del Governo per il Territorio di Trieste.
Il 4 novembre 1954 un mare di folla, traboccante d’entusiasmo per il ricongiungimento di Trieste alla Madrepatria, applaudiva il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Scelba ed il Ministro della Difesa Paolo Emilio Taviani.
Con la Legge costituzionale 31 gennaio 1963 n° i veniva approvato lo Statuto speciale della Regione Friuli—Venezia Giulia, che era stata inclusa fra le regioni a statuto speciale nella Costituzione della Repubblica Italiana.


Passando ora alle stazioni radiofoniche installate nelle suddette regioni ovvero all’infuori di queste ultime ma le cui trasmissioni erano destinate alle popolazioni delle medesime, ne indico qui appresso l’elenco ordinato cronologicamente secondo le date delle rispettive entrate in esercizio.


Radio Ljubljana(Radio Lubiana), nella capitale della Slovenia, allora facente parte della Jugoslavia, inaugurata il 28 ottobre 1928 con la potenza di 2,5 kW, passata nel 1931 a 5 kW, il cui trasmettitore venne distrutto da un bombardamento tedesco l’11 aprile 1941; a seguito dell’occupazione italiana di Lubiana l’EIAR—Ente Italiano Audizioni Radiofoniche vi istituì una propria nuova sede, collegata con la rete radiofonica nazionale, tramite la sede di Trieste e, con un nuovo trasmettitore autoportato, il 3 maggio 1941 riprese l’attività dell’emittente, diffondendo programmi in italiano (alcuni dei quali ripresi dalla rete ed alcuni immessi in rete) ed in sloveno, fino all’8 settembre 1943.
Occupata dal comando militare germanico, la stazione fu rimessa in funzione il 14 seguente con la nuova denominazione di Radio delle Forze Armate Tedesche a Lubiana.


Radio Trieste, sede dell’EIAR—Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, venne inaugurata il 28 ottobre 1931 con la potenza di 10 kW, mantenne una completa autonomia fino al 10 gennaio 1932, quando fu collegata al Gruppo Nord (comprendente inizialmente le emittenti di Milano, Torino e Genova).
L’8 settembre 1943 venne occupata dapprima militarmente e poi civilmente dai tedeschi, che la denominarono Radio Litorale Adriatico; ad eccezione dei giornali radio nazionali, che furono subito sostituiti da notiziari prodotti localmente, essa mise in onda all’inizio parecchi altri programmi della rete nazionale, che poi vennero gradualmente ridotti, mentre aumentarono quelli generati localmente, cosicché la stazione divenne allora un importante centro di produzione;
inoltre essa diffuse notiziari in tedesco in collegamento con la rete germanica, cui si aggiunsero poi anche altri generi di programma, dal 5 febbraio 1944 notiziari e poi anche altre rubriche in sloveno e dal 6 marzo 1945 notiziari in russo, tutti generati localmente.
Le trasmissioni di RLA cessarono il 29 aprile 1945 ed il 5 maggio successivo esse ripresero sotto l’occupazione jugoslava, durante la quale Radio Trieste mise in onda notiziari e vari altri programmi in italiano ed in sloveno. Il 12 giugno 1945 l’emittente passò sotto il controllo del Governo Militare Alleato, che il 20 ottobre successivo istituì l’ERTT - Ente Radio Teatro Trieste per la gestione comune della stazione radiofonica e del locale teatro lirico, i quali, però, il 25 marzo 1947 furono resi fra loro indipendenti, con l’abolizione dell’ERTT e la costituzione dell’ERT - Ente Radio Trieste e dell’Ente Teatro Trieste.
La gestione angloamericana dell’emittente cessò il 26 ottobre 1954, ma il suo passaggio alla RAI - Radiotelevisione Italiana non fu né semplice né immediato.
Infatti la Convenzione in vigore fra lo Stato e la RAI (allora Radio Audizioni Italia) per la concessione a quest’ultima dei servizi di radioaudizione, televisione, telediffusione e radiofotografia circolari non aveva incluso Radio Trieste fra le stazioni di competenza dhla RAI medesima, perché allora, purtroppo, il capoluogo giuliano non apparteneva più all’Italia; inoltre l’ERT non poteva venire immediatamente soppresso (lo fu appena il 1° agosto 1957).
Perciò la gestione dell’ERT stesso continuò in regime commissariale italiano, affidata ad un commissario straordinario, nominato dal Commissario generale del Governo per il Territorio di Trieste. Il 30 giugno 1955 venne firmato un Atto aggiuntivo alla suddetta Convenzione tra lo Stato e la RAI per l’estensione al Territorio di Trieste della concessione dei servizi oggetto della Convenzione medesima; ma per accelerare il rientro di Radio Trieste in seno all’organizzazione radiofonica italiana (l’Atto aggiuntivo, infatti, sarebbe stato reso esecutivo soltanto con una legge del 14 aprile 1956), il 20 giugno 1955 era stata firmata una Convenzione fra la RAI e l’ERT per l’assegnazione alla prima della gestione provvisoria dei servizi ra— diofonici triestini a datare dal 1° luglio 1955 e così già da tale data la Radiotelevisione Italiana estese la propria giurisdizione al capoluogo giuliano.
Durante il periodo dell’occupazione angloamericana Radio Trieste svolse un’attività molto intensa, diffondendo notiziari (tutti redatti localmente sotto il controllo di personale alleato) e programmi di vari altri generi radiofonici, la maggior parte dei quali pure prodotti in sede, in italiano ed in sloveno, inizialmente alternati durante la giornata, perché irradiati dall’unico, originario trasmettitore Trieste I, ma dal 16 giugno 1946, con l’impiego di un secondo impianto trasmittente, denominato Trieste II, situato ad Udine, sostituito il 26 giugno 1947 da un altro della potenza di 2 kW, sistemato a Trieste, la stazione fu in grado di mettere in onda contemporaneamente per tutto l’arco della giornata i suoi programmi nelle due lingue.
Quotidiani erano allora i collegamenti di Trieste I con la rete nazionale e molto più rari quelli di Trieste II con Radio Lubiana, mentre entrambe diffondevano alcune rubriche della BBC-British Broadcasting Corporation e di reti americane.


Radio Zara, sede dell’EIAR—Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, iniziò l’attività a Spalato il 5 maggio 1941 (appunto come Radio Spalato), ma poco dopo fu trasferita a Zara, dove riprese il servizio il 25 giugno dello stesso anno con la potenza di 700 W, portata a 10 kW nel 1942.
Data la mancanza di un collegamento con la rete radiofonica nazionale, l’emittente, a parte la messa in onda dei notiziari nazionali ricevuti via radio, diffondeva rubriche generate localmente e registrazioni di programmi artistici di complessi dell’EIAR, delle quali era stata dotata.
Soltanto nell’ultimo periodo la stazione poté usufruire di un ponte radio di collegamento fra Ancona e Zara e trasmettere così direttamente anche programmi della rete nazionale. L’11 settembre 1943 Radio Zara venne occupata dai tedeschi e rimase inattiva fino al 13 ottobre seguente, quando riprese il suo servizio sotto controllo germanico. Il 2 novembre il suo trasmettitore fu distrutto da un bombardamento aereo alleato e l’emittente cessò definitivamente la sua attività.


Radio Pola,installata dal GMA, Governo Militare Alleato, durante il breve periodo dell’occupazione militare angloamericana del capoluogo istriano, iniziò le trasmissioni il 4 agosto 1945 e le concluse il 13 settembre 1947, due giorni prima della partenza delle forze armate alleate e della consegna della città ai militari jugoslavi.
La stazione svolse un’azione importante per informare ed intrattenere la popolazione in un momento così delicato e difficile, trasmettendo in italiano ed in croato, con notiziari ed altri programmi prodotti localmente e con alcuni collegamenti con la BBC e le reti statunitensi.


Radio Rijeka(Radio Fiume), nell’ex capoluogo del Carnaro, già jugoslava ed attualmente appartenente alla Radiotelevisione Croata, attivata il 16 settembre 1945 con una potenza irrisoria, portata ad 1,5 kW nel 1948 e successivamente limitata ad irradiare soltanto in modulazione di frequenza.
Inizialmente essa trasmetteva in croato ed in italiano notiziari ed altri programmi generati localmente ed in collegamento con Zagabria diffondeva il giornale radio della repubblica di Croazia;
gradualmente, però, le sue trasmissioni in italiano si sono sempre più ridotte.


Radio Venezia Giulia, stazione ufficialmente clandestina, ma segretamente ed indirettamente sostenuta dal Governo italiano e diretta con entusiasmo da un letterato istriano per far giungere ai connazionali dell’Istria, del Carnaro e della Dalmazia, che si trovavano sotto il giogo titino, una voce di speranza, di conforto e anche di puntuale ed aperta denuncia dei misfatti compiuti a loro danno dalle autorità jugoslave, esternazioni che in quel delicato periodo di estrema debolezza internazionale dell’Italia non potevano, ovviamente, essere affidate alle neutrali trasmissioni ufficiali della RAI.
L’emittente, installata a Venezia, entrò in funzione il 3 dicembre 1945 con un trasmettitore di 5 kW e cessò il servizio il 1° luglio
1949.


La Trasmissione per la Venezia Giulia della RAI, cui era stata affidata un’attività simile a quella della stazione precedente, ma di tono assai più blando e di contenuto e di durata molto minori, incominciò il 4 novembre1946, redatta a Roma presso la direzione del giornale radio ed irradiata dal trasmettitore Bari I, con un breve notiziario e con il titolo “Per gli italiani della Venezia Giulia”, mutato il 22 gennaio 1947 in “Notiziario per gli italiani della Venezia Giulia” e l’11 luglio dello stesso anno in Trasmissione per gli italiani della Venezia Giulia, perché al notiziario veniva aggiunto anche un programma artistico, e la sua messa in onda da Bari I si concluse il 23 agosto 1947. La trasmissione riprese due giorni dopo, diffusa dal trasmettitore Venezia I della potenza di 20 kW, nuovamente col titolo “Notiziario per gli italiani della Venezia Giulia”, mutato il 3 giugno 1951 in “Trasmissione per la Venezia Giulia”, quando la sua messa in onda fu affidata al nuovo trasmettitore Venezia III della potenza di 5 kW (denominato il 30 dicembre 1951 Venezia 3), ed infine il 2 maggio 1954 nell’attuale L’Ora della Venezia Giulia.
Il 9 aprile 1950 al programma venne aggiunta una rivistina satirica domenicale, allestita dalla sede RAI di Venezia, dal 15 marzo 1953 dal centro di produzione RAI di Roma e dal 7 gennaio 1962 dalla sede RAI di Trieste, cui dal 1° ottobre di quell’anno fu infine affidata anche la redazione dei notiziari e delle altre rubriche parlate, cosicché da allora Radio Trieste genera tutta la trasmissione in parola.


Radio Koper(Radio Capodistria), nell’ex Zona B del mai costituito Territorio Libero di Trieste, dove aveva sede il Governo Militare Jugoslavo di occupazione, istituita da quest’ultimo, quale antagonista di Radio Trieste, controllata dal Governo Militare Alleato, venne inaugurata il 24 maggio 1949 con la potenza di 700 W, passata a 6 kW nel 1951, a 20 kW nel 1965 ed a 100 kW nel 1972, ed inizialmente trasmise alternativamente in italiano, in sloveno ed in croato (in quest’ultima lingua le trasmissioni furono abolite nel 1955);
per consentire le emissioni contemporanee nelle due prime lingue, dal 25 maggio 1979 a ciascuna di esse fu assegnato un impianto trasmittente distinto(quello per il programma in italiano della potenza di ben 300 kW e quello per il programma sloveno della potenza di 20 kW). L’atteggiamento politico delle trasmissioni della stazione jugoslava, facente parte della Radiotelevisione Slovena, si dimostrò subito particolarmente aggressivo nei confronti dell’Italia, riportando le vicende che la riguardavano in maniera faziosa, scorretta ed ostile ed esaltando le cosiddette conquiste sociali della Jugoslavia e l’asserita fratellanza degli sloveni e dei croati con gli italiani colà residenti, fratellanza che, com’è noto, costrinse all’esodo la quasi totalità dei connazionali dell’Istria, del Carnaro e della Dalmazia.
Successivamente, migliorati i rapporti italo-ugoslavi, il tono delle trasmissionì di Radio Capodistria si andò attenuando gradualmente.



Radio Pula(Radio Pola), nell’ex capoluogo istriano, dipendente dalla Radio Elevisione Croata, inaugurata il 31 dicembre 1960 con una potenza di 2 kW, ma poi limitata a trasmettere soltanto in modulazione di frequenza, incominciò a diffondere soltanto in croato programmi locali, oltre a quelli repubblicani (ora nazionali) di Zagabria; dal 1968 essa mise pure in onda un programma di mezz’ora al giorno in italiano.


Radio Zadar( (Radio Zara), nell’ex capoluogo dalmato, dipendente dalla Radiotelevisione Croata, attivata il 23 ottobre 1968 con una piccola potenza, aumentata a 2 kW poco dopo, dal 1983 con diffusione estesa anche alla modulazione di frequenza, ma con la guerra con la Serbia limitata a quest’ultimo sistema, essendo stato distrutto il suo trasmettitore ad onde medie. L’emittente trasmette dall’inizio soltanto in lingua croata rubriche locali, oltre ai collegamenti con la rete già repubblicana ed ora nazionale di Zagabria.